La questione climatica interessa ancora?

Va in archivio uno dei mesi di giugno più caldi di sempre. Se non è stato il più caldo, poco ci è mancato. «Probabilmente sarà il secondo o il terzo più caldo di sempre. Il mese di giugno del 2003 è quello che, per ora, resta in testa alla classifica», ci dice il climatologo e divulgatore scientifico Luca Mercalli, presidente della Società meteorologica italiana.
La ciliegina sulla torta è la quota a cui è arrivato nei giorni scorsi lo zero termico: 5.200 metri d’altitudine, parecchio più su della vetta del Monte Bianco, il «tetto d’Europa», che è a 4.806 metri. «Peggio di così, neanche nell’estate del 2022, quando si staccò il serraco dal ghiacciaio della Marmolada», commenta Mercalli.
Nel fine settimana si sono registrate punte di 30 gradi anche a mille metri in Lessinia, la montagna dei veronesi, il nostro «rifugio climatico» per eccellenza.
«I mille metri non sono più un «rifugio». Il caldo arriva ovunque, ma in quota la crisi climatica si percepisce di più, tanto che l’altro ieri, domenica, si è raggiunto un valore dello zero termico mai registrato prima d’ora. Nel 2022, quando il ghiacciaio della Marmolada colava acqua da tutte le parti, c’era stata un’ondata di calore molto simile a quella che stiamo attraversando oggi. Ma quest’anno il caldo è iniziato prima: ci siamo già dentro da 15 giorni. Ecco perché dico che questo giugno è peggiore».
«È estate e deve fare caldo»: quante volte sentiamo dire questa frase. Ma il meteo di questo periodo è davvero normale?
«No, non lo è. Siamo in una situazione relativamente nuova, tipica di questo inizio degli anni Duemila. Il 2003, che fu molto simile a questo, è l’anno a partire dal quale si è iniziato ad assistere in Italia alle ondate di caldo africano. Siamo di fronte al continuo procedere del riscaldamento globale. Si riscaldano tutte le stagioni, tutti i mesi, non soltanto quelli estivi. Ma se dicembre è un po’ più tiepido del solito, nessuno si lamenta: ci si accorge del caldo estremo solo quando si esce dai limiti del disagio fisico».
Di quanto è aumentata la temperatura?
«In Italia siamo a +2,4 gradi rispetto a 150 anni fa. A livello mondiale siamo alla metà circa: +1,5 gradi. Il Mediterraneo è un mare piccolo, che si scalda più velocemente, di conseguenza l’Italia si scalda di più rispetto alla media del pianeta».
La questione climatica interessa ancora?
«La mia impressione è che sia stata completamente sovrastata dalle questioni belliche e di armamenti. Ed è un’assurdità. Il riarmo e il consumo in campo militare aumentano le emissioni e compromettono gli sforzi di conservazione delle risorse naturali che andrebbero invece utilizzate per attuare la transizione ecologica di cui si parla da trent’anni. Eppure, 800 miliardi di euro per le armi sono saltati fuori in un attimo (dice con riferimento al piano di difesa ReArm Europe, ndr), mentre quelli per la transizione energetica bisogna elemosinarli».
Lei lo ha riassunto con uno slogan: meno bombe, più pannelli solari.
«Purtroppo, però, non sembra proprio questo l’orientamento. Stiamo facendo una pericolosa retromarcia rispetto alla green economy e al passaggio alle energie rinnovabili di cui si parla da decenni. Stiamo perdendo tempo prezioso e buttando via anni durante i quali potevamo ancora fare qualcosa per fermare l’innalzamento delle temperature e la guerra contro il clima non avrà possibilità di essere vinta».
C’è ancora tempo per evitare lo scenario peggiore?
«Il tempo è pochissimo, specialmente perché, come per un malattia, se manca la prevenzione si va verso l’irreversibilità».
Cosa fare?
«Ci vorrebbe una grande presa di coscienza collettiva, mondiale, sul fatto che il nostro nemico è il male che stiamo facendo al clima. Dobbiamo usare tutte le forze a disposizione per mettere in atto gli obiettivi di sostenibilità delle Nazioni Unite. Sono 17, e uno di questi è la crisi climatica, ma il numero 16 è la pace. Occorre rendersi conto che senza la pace non si può pensare di occuparsi dell’ambiente. La pace è una condizione necessaria per la tutela ambientale».
Intervista di Laura Perina, L’Arena.